Il primo freddo. Il mio vecchio liceo è una specie di scuola all’aperto: d’inverno, uscendo dalle aule, è sempre necessario indossare il cappotto. Però al mio collega Luigi basta solo la giacca mentre Giancarlo gira infagottato come me e molti studenti se la cavano con leggere magliette. Ma il freddo è una categoria dell’anima più che dell’atmosfera. Non è solo un fatto climatico. Mi riscaldo un po’ parlando con gli studenti di letteratura: dei beati del Paradiso dantesco o dell’inquietudine creativa di Tasso. A qualcuno non interessa niente ma molti si appassionano e ritrovano se stessi, le proprie domande e i propri turbamenti. Parlare dei grandi libri è sempre come parlare di sé e del presente. Tutto ciò che ci appassiona ci riguarda altrimenti non ha senso e non ha nessun interesse. Non conta che i libri siano antichi o moderni. Tutto è sempre presente. Il viaggio nella luce di Dante: essere “beati” non vuol dire forse realizzare le proprie potenzialità, riconoscersi fino in fondo, individuare il proprio cammino? Diversamente e ugualmente “beati”, quindi, qualunque sia la vita toccata in sorte. Diversamente e ugualmente “beati”: purché si esegua il compito inciso nel dna atavico, nella mappa celeste degli astri, nella inevitabile natura di ogni essere. Cara Barbara, forse tra gli improbabili venticinque lettori, sei la più presente e sensibile amica delle parole dei poeti. Quelle con le quali ci avvolgiamo per ripararci dal freddo del non senso. Un filtro che purifica l’aria che respiriamo, carica di veleni, fino a farla tornare limpida e chiara.
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Commossa dalle coinvolgenti parole che mi hai e ci hai dedicato, continuo a camminare con te, meraviglioso incontro della mia adolescenza che accompagna i giorni di una maturità a volte sofferta, consapevole e anche entusiasta.
Mi approprio della tua fiducia e propongo un mio pensiero:
Il Natale
Eravamo piccoli
e sognavamo un Natale al mese
la casa diventava la reggia
di giochi e profumi.
Aspettavamo ansiosi
il panettone svettante
gonfio e lusinghiero
sulla tavola lucente.
Un torrone, le noci
e lo zucchero.
Eravamo piccoli
gioiosi e ignari
curiosi e distratti.
Eravamo piccoli e senza malizia
lo sguardo evitava
le rughe tristi sui
volti più anziani
Eravamo piccoli
e nessuna nostalgia
del passato inquinava la gioia
Eravamo piccoli
e a Natale né ombra
né dissidio nei nostri cuori
A Natale adesso
cerchiamo il viso di chi Non è più,
A Natale adesso
comprendiamo la malinconia
A Natale adesso
sono altri ad essere piccoli
Noi osserviamo.
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