Qualcosa su di me. I miei scritti

MATTEI STRINATI Anna

Qualcosa su di me

Scrivere una nota biografica fa sempre riflettere sulla quantità di dati ed esperienze che si affollano nella mente per essere smistati. E anche sulla necessità di essere brevi, anche quando non c’è nessun limite, come in questo caso. Cosa si può raccontare della propria vita? Una specie di cursus honorum in cui si riassumono i propri natali, la formazione, l’attività lavorativa, le pubblicazioni, e così via, secondo lo schema inesorabile delle alette dei libri? Sarebbe più o meno così: nasce nel tal posto, studia nel tal altro, vive nella tale città, scrive i tali libri – se scrive… – e così via. “E tutto il resto? Gli amori, gli affetti, gli amici, per esempio?” esclamerei a questo punto. “Allora scrivi un libro!” direbbe qualcuno annoiato “anche se non se ne può più di libri autobiografici!”. “Ma tra i libri e la vita il confine è sottile” direi io, lieta in qualche modo di aprire una discussione su un tema che mi appassiona. “Anzi” aggiungerei “un libro è fatto per una metà di tanti altri libri e per un’altra buona metà di vita vissuta. Non ve ne siete mai accorti? La scrittura si nutre di scrittura oltre che di vita. Quasi più dell’una che dell’altra.”

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“Balle! I libri sono libri e la vita è la vita. Nei libri è tutto finto. Questo è il bello. La vita vera può essere assai noiosa, mentre le storie dei libri sono ricche di intreccio. Almeno così dovrebbe essere. Uh! Che noia i libri privi di intreccio…” direbbe ancora il mio invisibile interlocutore. Lo potremmo chiamare il lettore frettoloso. Quello, per esempio, che legge solo le prime pagine nelle librerie , che sfoglia distrattamente le pagine dei libri sparsi nelle case degli amici, che osserva subito se la pagina è fitta di scrittura, o se ci sono gli ampi e rasserenanti spazi bianchi dei dialoghi – brevi, per carità, anche quelli!- piuttosto che i blocchi compatti delle descrizioni e delle riflessioni. Questo, comunque, potrebbe essere un argomento da dibattere ampiamente: letteratura e letteratura, letteratura e vita. Un groviglio inestricabile per quanto si vogliano comporre ordinate matasse da moltiplicare in tanti gomitoli. Provare per credere. Prendiamo un libro dai nostri scaffali. Bello però, mi raccomando. Autentico. Magari un classico. Sfogliamolo, leggiamo qualche passo, soprattutto all’inizio. Potremmo provare con Borges, per esempio. Tanto per andare sulle eccelse cime. L’Aleph. Una donna che si chiama Beatriz, morta anzitempo, due amici scrittori che parlano di poesia, uno dei quali invita l’altro – che si chiama Borges, guarda un po’! – a compiere un’esplorazione in cantina per scoprire l’”aleph”- il nucleo misterioso della conoscenza totale del mondo- Buenos Aires sullo sfondo. Non riconosciamo – trasformati, ribassati, riletti in chiave postmoderna – Dante e Virgilio, Beatrice, il viaggio nell’aldilà, la rivelazione ? E allora come la mettiamo con l’autobiografismo? Dante, Petrarca, Boccaccio peccano di autobiografismo? Borges e Kafka e anche Manzoni, con il suo romanzo storico d’invenzione, e tanti, tanti altri? Anche Moccia è autobiografico dato che è convinto di essere un coetaneo di Step. Perdonatemi allora se lo sono anch’io che sono una formica letteraria.

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Ma torniamo alla nota biografica. Un bel problema. Ci provo. Mi chiamo Anna Mattei, ma ho scelto di firmarmi Annarosa già nei miei primi tre romanzi, le prime tre ‘opere prime’, come mi diverto a chiamarle, Una ragazza che è stata mia madre (2005), L’archivio segreto (2008), Il sonno del Reame (2013). Ragioni affettive, direi. “Annarosa!” così mi chiamavano mia madre, i miei fratelli, quando ero bambina. Un nome antico e familiare che era poi quello di mia nonna. E allora, poiché l’eco dell’infanzia risuona sempre nella mia memoria immaginativa e nelle mie storie, non potevo che chiamarmi Annarosa. E resto Anna Mattei per tutto il resto, dagli atti ufficiali , alle scritture di altro tipo. Sono nata in montagna, in un paesino abruzzese a pochi chilometri dal capoluogo, L’Aquila, ma sono vissuta fin dalla primissima infanzia a Roma, dove ho fatto tutti i miei studi, compreso un tentativo di asilo dalle suore, fallito miseramente quando minacciai di buttarmi in un pozzo per evitare di mangiare la loro pessima minestra. Piazza Vittorio, a seguire, e i primi anni dell’infanzia. I giardini, i portici umbertini, la chiesa di Sant’Eusebio, i gelati di Fassi, le amichette che abitavano a pochi isolati. Le interminabili vacanze estive nella fattoria di mia zia che era una specie di giardino zoologico. Una vita libera e sicura. Poi l’adolescenza inquieta, il vecchio liceo Albertelli a Santa Maria Maggiore, l’università, la Sapienza naturalmente, dato che di università ce n’era solo una allora. Giovinezza animata da eroici furori, piuttosto compressi dalla timidezza. Passione per la lettura. Quindi la facoltà di Lettere e di male in peggio l’insegnamento delle Lettere come immediata attività lavorativa. Amori giovanili, ma non molti. Uno importante e ben definito in un matrimonio che dura da anni. Storico dell’arte e musicologo, soprattutto umorista. Non c’è che dire come possibilità di dialogo. Un gran rimedio al disagio del vivere, quello dell’umorismo. A un certo punto ci viene sempre da ridere dopo le discussioni e le crisi che hanno attraversato e attraversano la nostra vita. Ama troppo le donne, per esempio, tanto che potrebbe recitare anche lui l’aria di Leporello e applicarla a se stesso. Ogni volta che scoprivo una delle sue spasimanti decidevo di lasciarlo. Ma ogni volta mi rendevo conto che era impossibile, sia per me che per lui. Tende a sottovalutarsi in modo per me irritante vista la sua brillante carriera, ma ormai ho fatto l’abitudine a questo suo cronico vezzo.

STRINATI Claudio+Anna MATTEIphoto: © Basso Cannarsa

Ho abitato per molti anni, insieme a una bella e varia comunità di piante, di umani e di gatti filosofi, in un antico palazzo cittadino, nel cuore di quello che chiamo il “villaggio” storico di Roma, che è, a parer mio, un ombelico del mondo (sono convinta che non ce ne sia uno solo…). Da una decina di anni abito in una casa alta e luminosa, nei pressi del Colosseo: lo vedo bene dal mio terrazzo e ogni volta mi impressiona con le sue vuote arcate e il suo carico di storia. Un “villaggio” archeologico quello attuale, di grande fascino. Ho due figli gemelli , Federico e Tommaso, che amo moltissimo e che hanno ovviamente una loro vita laboriosa e indipendente. 
Ho insegnato per molti anni in un liceo romano di antica e morente tradizione. Part time però, negli ultimi anni, per resistere meglio a un certo sconforto estetico-didattico. Che aumentò nel giorno in cui una ragazza, commentando le vicende di Angelica, disse con toni assolutamente sinceri: “Ma in fondo, scusi…” – si interruppe per quanlche istante meditabonda.. – “Non capisco che differenza c’è tra gli amori narrati da Ariosto e le storie di Moccia.. I paladini.. Mah! non è meglio una roba più attuale? ” La mia risposta non suonò convincente né alle mie né alle sue orecchie e allora: “Ancora per un po’…”, mi dissi sospirosa e poi decisi di lasciare… Ho lasciato anche per coltivare meglio il mio giardino, a dire il vero: libri, studi, letture, scritture, amici, gatti.
Mi sono interessata per molti anni di promozione della lettura, non solo tentando quotidianamente di far leggere i miei pochi e distratti studenti, ma anche organizzando “ministeriali” (Ministero per i beni e le attività culturali, MIBAC e ora solo MIC, Ministero della Cultura) iniziative rivolte ad altri giovani. Anche questa attività, però, la considero in declino, non per mia scelta, ma per mancanza assoluta di volontà e di mezzi da parte delle istituzioni con cui ho collaborato a lungo.

Coltivo, come si è ben capito, una insana passione per la letteratura che studio da molto tempo, illudendomi di carpirne i segreti. Me ne sono occupata da tanti punti di vista. Storico, teorico, critico, soprattutto didattico, a un certo punto, negli anni in cui iniziava la crisi del sapere umanistico (metà anni Novanta, direi), convinta che un certo modo di insegnare letteratura servisse a chiarirne l’importanza e a rafforzarne la trasmissione.

Con il mio nome anagrafico, cioè come Anna Mattei, ho pubblicato saggi e libri su svariati argomenti, in particolare sul romanzo e sulla poesia del Novecento italiano, pensando sempre a un pubblico di giovani. Ho diretto collane di narrativa per le case editrici Archimede e Le Monnier curando personalmente alcuni dei classici da me tra i più amati (I promessi sposi di Alessandro Manzoni, Il fu Mattia Pascal e i Quaderni di Serafino Gubbio operatore di Luigi Pirandello, Il processo di Franz Kafka).

Decisi di passare dall’altra parte della scrittura dopo un trauma, come accade spesso. La morte di mia madre – nucleo affettivo della mia vita – fu come una seconda nascita che mi indusse a rivedere orientamenti e percorsi, come a voler ritrovare il senso perduto di ogni cosa. Allora mi  lasciai guidare dalla sua voce, da quella delle persone amate – presenti e assenti – e dai libri a me più cari. E tutti entrarono nella mia scrittura come veri e propri personaggi, sia quelli veri che quelli letterari, sullo stesso piano, in un certo senso. Personaggi di ogni specie e famiglia, minerale, vegetale , animale, secondo una visione olistica del mondo, rivissuto come una popolosa e conflittuale famiglia.

Una ragazza che è stata mia madre, pubblicato negli Oscar Mondadori nel 2005, racconta le peripezie e le molteplici identità di una donna del nostro tempo in una sorta di favola surreale, costruita su piani temporali e spaziali diversi. Molti l’hanno definita una storia “autobiografica”, a proposito del tema da cui sono partita nel tracciare queste note. Certamente lo è. Eppure non lo è. Non solo nel senso che ogni vita, nel momento in cui viene raccontata, diventa letteratura e si trasforma in un intreccio ordinato in capitoli e sequenze, proprio come se fosse un romanzo – e la vita non è un romanzo – ma anche perché nella mia storia mancano del tutto i principi narrativi del cosiddetto realismo, dato che compaiono sullo stesso piano il mondo vero e il mondo dei sogni, le emozioni e le voci degli umani, delle piante e degli animali. Per questo, infatti, può accadere che alcuni magici gatti guidino la protagonista attraverso un cespuglio di ortensie verso mondi paralleli in cui ogni cosa si rivela a lei più nitida e vera.

La condizione umana attuale – piuttosto disorientata a quanto pare – la natura illusoria e ingannevole della realtà, la sfuggente materia dei sogni, l’innocenza degli animali, sono stati per me un costante motivo di riflessione morale e di invenzione narrativa anche nel mio secondo romanzo, L’archivio segreto, uscito nel 2008 sempre negli Oscar Mondadori. Una passeggiata nel cuore di Roma, disseminata di incontri con tanti personaggi , alcuni familiari e altri misteriosi, tra i vicoli , le piazze, i palazzi degli antichi rioni, si trasforma in una inchiesta sulla illusorietà delle nostre scelte e sui meccanismi segreti che muovono le vite di ogni essere, uomo o donna che sia e a qualunque specie appartenga.

Il sonno del Reame, uscito in libreria ancora negli Oscar Mondadori, a dicembre del 2013, racconta la storia paradossale della guerra tra potere e cultura, le trasformazioni e le insane riforme che hanno colpito il sistema della cultura e dell’arte in ogni settore: una guerra tuttora in corso, di cui ho narrato situazioni, eventi, personaggi, trasferendoli in un mondo e in tempo immaginari perché apparissero più veri e sostanziali. La guida narrativa delle romanzesche peripezie, fantastiche  e surreali, giocate su piani diversi e simultanei della realtà visibile e invisibile, è il magico gatto Gregorio, che compare sempre nei miei libri.

Un libro da me molto amato, non solo in ragione del titolo, L’enigma d’amore nell’occidente medievale, uscito a maggio del 2017, è stato pubblicato da una casa editrice a me molto cara, La lepre edizioni, fondata a Roma, nel 2007, dal mio amico Alessandro Orlandi per dare spazio alla sua stessa personale ricerca filosofica, scientifica e letteraria.  Guglielmo d’Aquitania, il primo grande trovatore a noi noto, concludeva Il sonno del Reame con un suo mirabile vers, ricco di significati nascosti, chiave di accesso all’antica ed enigmatica poesia d’amore occitanica. Lo stesso vers apre e introduce questo libro, che non è un romanzo ma un saggio con personaggi romanzeschi: dame, cavalieri e trovatori, nobili e borghesi, capaci di comprendere e vivere l’esperienza segreta dei riti e dei discorsi d’amore per affinare l’anima e il corpo, il cuore e la mente. il libro ha vinto il premio Capalbio 2017.

Un  libro recente e da me molto amato, Sogno notturno a Roma (1871-2021), a proposito della questione dei generi, che per alcuni sembra rivestire ancora una certa importanza, è un romanzo, ma, al contrario del mio Enigma d’amore nell’occidente medievale, più che un saggio romanzesco, è un romanzo saggistico. Edito sempre dalla casa editrice La Lepre di Roma,  è un vero e proprio romanzo per il suo impianto narrativo, nello stile della grande narrazione fantastica risalente a E.T.Hoffmann, ma anche un saggio per la documentazione dettagliata e le ricostruzioni storiche. Pubblicato da La lepre edizioni a dicembre, quasi a ridosso della fine dell’anno, per una serie di strane congiunture, il libro è stato recensito positivamente su varie testate (Repubblica, Corriere della sera, L’Ossservatore Romano, Il Messaggero, Avvenire, Il Foglio, eccc) e presentato più volte a Roma (Curia Iulia, Casa delle Letterature, Dante Alighieri, Circolo degli scacchi, Acquario Romano, ecc.), a L’Aquila (libreria Colacchi), a Orbetello (libreria Bastogi, la Parrina) suscitando notevole interesse. Racconta le vicende di Roma Capitale, attraverso ampie digressioni storiche, per ricordare la grave discontinuità urbanistica e sociale che si venne a creare, quando, nel segno di una astratta idea di modernità, venne demolito l’abitato a ridosso del Campidoglio insieme a gran parte dei rioni circostanti, ricchi di monumenti e case e nobili palazzi. Dei vuoti urbani che si vennero a creare allora la città soffre ancora oggi ma la speranza accesa dal libro è che ora si possano forse colmare.

Ultimo libro, pubblicato da Salani, in libreria dall’8 settembre del 2023, si intitola La regina che amava la libertà. Storia di Cristina di Svezia dal Nord Europa alla Roma barocca. Un altro viaggio appassionante nella città in cui vivo, che amo, che mi sembra di conoscere da ancor prima di nascere. Cristina la riconobbe anche lei come la sua città di elezione, l’unica in cui avrebbe potuto vivere pienamente la sua esigenza di libertà assoluta. Ancora oggi Cristina sorprende per le scelte audaci e l’anticonformismo radicale del suo modo di vivere. Ma ancora di più stupisce il suo amore per l’arte, la letteratura, la musica, la bellezza, un amore irrefrenabile che la salvò dalla disperazione nelle numerose difficili situazioni in cui si trovò coinvolta. Alcuni lettori curiosi potrebbero voler conoscere i temi comuni che attraversano la mia ricerca, non solo in rapporto agli ultimi tre libri, ma anche a quelli precedenti. Sono molti in realtà, ma riducibili anche a due: il tema di Roma e della sua storia infinita e il tema d’amore in tutte le sue diramazioni filosofiche e letterarie. Cristina amava Roma per le sue infinite stratificazioni storiche e di senso e non a caso era perennemente immersa nello studio dell’alchimia, dell’ermetismo, della prisca philosophia. Era anche una ‘fedele d’amore’, memore dei riti della cortesia praticati nei territori dell’antica Aquitania, nella convinzione assoluta che l’amore fosse la via della libertà e della perfetta conoscenza di sé, come gli antichi trovatori. Fil rouge, magico palindromo che attraversa tutti i miei libri e i miei studi: Roma Amor.

 

I miei scritti

Ho sempre amato la letteratura e ne ho scritto in vari modi e con obiettivi diversi.

Mi sono interessata in particolare alla semiotica e alla teoria della letteratura per indagare i fondamenti estetici e il senso del discorso letterario, spinta da una mia personale curiosità, dalla necessità di capire.

La questione non mi è mai sembrata gratuita, soprattutto perché per molti anni ho insegnato storia della letteratura a tanti giovani che avevano difficoltà a riconoscerla e a distinguerla da altre forme di scrittura.  Ho scoperto man mano, infatti, che la letteratura vive nell’esperienza fondante della lettura e nella condivisione di un discorso orientato verso la conoscenza di sé e del mondo: di conseguenza  studio i modi e le vie della lettura scrivendone più volte e cercando di promuoverla.

Amo  alcuni autori, alcuni periodi storici, alcune correnti letterarie, come si può notare scorrendo qualche titolo tra i miei scritti.  Molti mancano ancora all’appello tra i miei prediletti: Edgar Allan Poe, Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, Philip Dick… sono tanti, in effetti, i temi, gli argomenti, gli autori, i libri che mi appassionano. Con  alcuni cerco di misurarmi, anche se con forze impari, passando direttamente dall’altra parte.

Ho scritto in particolare di teoria (introduzione al libro di H. R. Jauss, Estetica della ricezione, Guida, Napoli 1988) e didattica della letteratura e della lettura  pubblicando saggi su varie riviste specializzate («Riforma della scuola», «Insegnare», «Metafore», «Libri e Riviste d’Italia», ecc.), su libri miscellanei, su atti di convegni  e seminari di Italianistica. Mi sono sempre firmata ‘Anna’ Mattei, invece di  ‘Annarosa’, che è il nome scelto a partire dal 2005, quando ho cominciato a scrivere romanzi: un nome di famiglia, un omaggio a mia madre che mi chiamava così. Ho scritto anche del liceo storico in cui ho insegnato per anni.

Elenco qui di seguito solo alcuni di questi scritti.

“Se una notte d’inverno un viaggiatore”: i dialoghi improbabili tra autore e lettore , in AAVV, Narrare: percorsi  possibili, Longo, Ravenna 1989

La narrabilità del reale: Gadda e Calvino,   in “Metafore”2,  Paravia 1989

Il volto dell’uomo nel nostro secolo (su: G.Debenedetti,  Il romanzo del Novecento), in “Riforma della scuola”, 7-8, Editori Riuniti 1990

Il significato del punto di vista nel racconto,  in “Metafore”5,  Paravia 1991

Un trovatore e una trovatrice: la riscrittura femminile del discorso d’amore, in AAVV, Ri-scritture, Eurelle, Torino 1993

Le maglie della rete letteraria: una navigazione intertestuale,  in Letteratura e scuola, vol. I, I linguaggi, Franco Angeli, Milano 2002

Il liceo classico Visconti, in Il Collegio Romano dalle origini al Ministero per i beni e le attività culturali, Il Poligrafico, Roma 2003

Il liceo “Ennio Quirino Visconti”dalla sua fondazione agli anni Trenta, in Carmela Covato (a cura di), Scuola e itinerari formativi dallo Stato pontificio a Roma capitale. L’istruzione secondaria, Unicopli 2010

Avendo fatto parte parte della redazione di  «Libri e riviste d’Italia» , bimestrale di cultura editoriale e promozione della lettura della Direzione Generale per i Beni Librari , gli Istituti Culturali e il Diritto d’Autore, ho scritto vari articoli sul problema dei giovani e della lettura (alcuni li ho registrati proprio su questo sito, dove si possono leggere nella categoria intitolata Leggere), occupandomi in particolare delle iniziative di promozione della lettura da me ideate, come La settimana della lettura, realizzata a partire dal 2002 in coincidenza con la Fiera del libro della piccola e media editoria romana Più libri più lib(e)ri.

Sempre su «Libri e riviste d’Italia» ho scritto del progetto intitolato Atlante della poesia italiana del Novecento, da me ideato per promuovere la lettura della poesia, realizzando mostre e convegni su Sandro Penna a Roma e a Perugia (2002); su Umberto Saba a Trieste (2003); su Guido Gozzano a Torino (2004).

Alcuni dei miei scritti riguardano spesso proprio l’attività di promozione della lettura e gli eventi ad essa collegati, come le mostre sugli scrittori corredate da cataloghi.

Ho collaborato scientificamente alle mostre organizzate dalla Direzione Generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali della serie intitolata da Libro a libro. Le biblioteche degli scrittori, lavorando in particolare a quelle dedicate a Giovanni Verga, Alessandro  Manzoni e Italo Svevo: in ogni occasione ho pubblicato dei saggi specifici negli omonimi cataloghi  editi da De Luca rispettivamente nel 1999, nel 2000 e nel 2002.

Studio in particolare la poesia (Leopardi, Gozzano, Montale, ecc.) e il romanzo dell’Ottocento e del Novecento (Verga, Manzoni, Svevo, Pirandello, Gadda, Calvino, ecc.) e questa che segue è una piccola selezione dei miei scritti.

Guida al romanzo italiano del Novecento, Editori Riuniti, Roma 1989

– La poesia italiana del Novecento, Archimede, Milano 1995

– D’Annunzio e la stagione bizantina, in Francesco Paolo Michetti,  Electa Napoli 1999

– Percorsi della poesia Liberty, in Fabio Benzi (a cura di), Il Liberty in Italia, Milano Motta  2002

Letteratura liberty a Roma. Il passaggio dal simbolo all’allegoria: alle origini del liberty. in AAVV, Il Palazzo del Tritone a Roma, Roma, De Luca 2012 (si può leggere in questo sito, nella categoria Archivio letterario)

 Per la casa editrice Archimede di Milano ho diretto la collana dei «Libri verdi» curando personalmente l’edizione e la presentazione critica dei seguenti romanzi:

Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal, 1993;

Alessandro Manzoni, I promessi sposi, 1993;

Franz Kafka, Il processo, 1994

Per l’editore Le Monnier di Firenze ho diretto la collana della «Biblioteca Minima» curando personalmente l’edizione e la presentazione critica di

Luigi Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore,  Firenze 2002

… un libro splendido che raccomando a tutti di leggere per comprendere a pieno i problemi dell’attuale comunicazione e dell’alienazione progressiva che ne consegue…

annarosa.mattei@gmail.com
anna_mattei@yahoo.it

 

1 Comment

  • Maria Antonietta Dattoli Posted 7 Gennaio 2018 20:55

    E’ stato un piacere conoscerla! Sono arrivata sulla sua pagina per caso – capita spesso così, lo so – cercando qualcosa di agile da fornire ai miei allievi sulle vicende editoriali dei Promessi Sposi. Mi piace il suo stile, lucido, diretto, pulito. Si avverte il respiro vitale di un’intelligenza vitale.

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