Nella piazzetta di Capalbio, alle ore 19 di mercoledì 20 agosto, Maria Grazia Bernardini, Silvia Danesi Squarzina, Mirella Serri, hanno presentato “L’Archivio segreto”. Ha moderato Giovanni Aringoli, l’organizzatore degli incontri capalbiesi. Mirella Serri, giornalista, critica letteraria, italianista, ha parlato del romanzo come di un consapevole non-romanzo, della nostalgia del passato evidente nelle digressioni sull’arte contemporanea, dei livelli di lettura impliciti in un certo modo di raccontare che si ispira a Pirandello. Maria Grazia Bernardini, da storica dell’arte e attenta lettrice, ha parlato dello scenario romano che fa da sfondo alla narrazione e delle tante incursioni nel dominio della sua disciplina: Caravaggio e Beatrice Cenci, Algardi e Santa Cecilia. Silvia Danesi, storica dell’arte anche lei, ha insistito sul tema dell’autobiografismo citando Proust e Sainte Beuve. Mi è sembrato però che non avesse ben chiara la struttura del racconto. Sono intervenuta anch’io, infine, per dire che oggi non mi sembra possibile – ed è la mia opinione naturalmente – raccontare una storia con un intreccio lineare, come nell’Ottocento; che la mia è una nostalgia del “senso” più che del passato; che la vera letteratura dovrebbe corrispondere all’obiettivo manzoniano del “vero”, dell'”utile” e del “bello”. Quanto all’autobiografismo mi sono limitata a dire che anche le vere autobiografie sono finte: invenzioni della nostra immaginazione affabulatrice. E quanto allo sfondo romano mi è sembrato opportuno precisare che Roma è un teatro allegorico i cui strati di storia rappresentano al meglio i livelli di interpretazione della realtà.
Sono intervenuti alla fine della presentazione il filosofo Giacomo Marramao e l’architetto Franco Luccichenti. Il primo ha fatto commenti lusinghieri sulla qualità della mia scrittura – “una scrittura per sottrazione”, l’ha definita – sul genere di narrazione e sulla scelta di Roma, citando Musil e il commento di Freud che paragonava la città all’inconscio. Luccichenti ha parlato della struttura aperta della storia che, secondo lui, consente una lettura non lineare e le interpretazioni più diverse: un libro”specchio” in cui ognuno si può riflettere.
La discussione è stata molto piacevole e animata da un bel pubblico attento. Due gatti autoctoni hanno seguito come sempre con grande attenzione. La serata si è chiusa a Torre Palazzi: due lunghe tavolate sul prato in buona compagnia. Con una bella luna tonda nel segno dell’Ariete.
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