Presentazioni

“L’ARCHIVIO SEGRETO” A FIRENZE, LIBRERIA MARTELLI, GIOVEDì 19 GIUGNO, ORE 17.
PRESENTANO: Maria Teresa Colonna, Giuliano Serafini, Elda Torres;
A ROMA, MARTEDì 10 GIUGNO, LIBRERIA FELTRINELLI, PIAZZA COLONNA 31/35.
PRESENTANO: Simonetta Bartolini, Fabio Benzi, Andrea Velardi.

A ROMA, MERCOLEDI 16 LUGLIO, CIVITA, PIAZZA VENEZIA 11, h.18,30

presentano: Achille Bonito Oliva, Alain Elkann

4 Comments

  • Anna(rosa) Posted 13 Giugno 2008 20:22

    La presentazione alla Feltrinelli della Galleria Colonna è andata molto bene nonostante io fossi di pessimo umore per tante ragioni. Discorsi interessanti quelli di Simona Bartolini, Fabio Benzi, Andrea Velardi. Ricchi di cultura e di sensibilità. Inattuali, forse, nel mondo semplificato e immediato di oggi. Una italianista attenta alla letteratura contemporanea, uno storico dell’arte esperto di Novecento, un giovane linguista e poeta. Tutti e tre, a vario titolo, docenti universitari. Coinvolti, come me, nella macchina arrugginita della trasmissione culturale nella quale continuiamo a credere. Li sentivo parlare di una vetusta forma chiamata “romanzo”, dei problemi del linguaggio, del segno, del senso… Ed ecco, nel sistema sconnesso in cui viviamo, frastornati dai rumori cittadini e dalle chiacchiere dei media, mi pareva che il cuore si alleggerisse a sentirli parlare. Ebbene sì! Proprio il cuore. Avete capito bene… Assai più della mente, che, poveretta, non ce la fa più. Del resto ad allontanare la mia malinconia erano lì, attenti, i venticinque lettori ai quali sono abituata. Ascoltavano, sfogliavano anche qualche pagina del libro. Incredibile… E allora mi sono convinta definitivamente. Certo che bastano… Perché affliggersi? Bastano, i ben noti venticinque lettori, per continuare una ricerca che senza di loro apparirebbe disperata. Il mondo, senza i venticinque lettori che ascoltano, vedono e intendono, sarebbe, allora sì, cieco e muto. Ho compreso di colpo anche un’altra cosa… che i venticinque lettori si moltiplicano sempre a gruppi di venticinque. In una lenta e naturale progressione. E sono fatti di una materia particolare, che risulta refrattaria ai messaggi ossessivi degli esseri mutanti da cui siamo ovunque circondati. Quelli che assomigliano in tutto e per tutto agli esseri umani, ma che in realtà sono incapaci di sentire e percepire. A proposito: leggere leggere leggere “Cecità” di Saramago. Dovrebbero leggerlo soprattutto una certa Barbara e un certo Gippì, che dovrebbero conoscersi, accomunati come sono dallo scandalizzato sconcerto per i miei gabbiani e per i loro voli notturni sul Vittoriano…

  • Anna(rosa) Posted 24 Giugno 2008 17:53

    La presentazione alla libreria Martelli di Firenze…
    “Dunque…Come è andata?” potrebbero chiedermi i miei venticinque lettori romani.
    “Non saprei proprio..” vi risponderei “non ho ben capito se il mio modulo di venticinque si sia davvero replicato come accade talvolta…”
    “Bene!” vi direbbe invece l’amica Silvana Lonardi che conosce meglio di me i fiorentini. Lei stessa, del resto, aveva organizzato l’incontro invitando Maria Teresa Colonna, Giuliano Serafini, Elda Torres: un esperto di arte contemporanea, una psicoanalista, una scrittrice. Tutti e tre fiorentini doc. Chiamati a parlare di un libro che racconta di una passeggiata, di incontri ordinari e straordinari, di divagazioni e fantasie lungo un percorso labirintico nel cuore di Roma. Già. Roma. Roma a Firenze: non ci avevo pensato prima di accettare la proposta di Silvana. E dire che un po’ lo conosco certo disdegno fiorentino.
    “Che vuoi dire?” mi sembra di sentirvi obiettare “Che c’entra? Non penserai che ci sia antagonismo tra le due città? Mica siamo al tempo di Bonifacio VIII e delle lotte tra i guelfi bianchi e i guelfi neri…”
    “Eppure… Firenze dà ancora oggi l’impressione di una repubblica a sé. Chi non è di Firenze è uno straniero… un barbaro, in un certo senso…” vi direi, sconcertata io stessa.
    “Assurdo! Non ci possiamo credere…” replichereste perplessi, restando in attesa di altri dettagli.
    Ebbene vi racconto come è andata. Appena entrata in libreria – alle cinque: l’ora più improbabile della piena calura pomeridiana – incontro Silvana, Giuliano Serafini e di lì a pochi minuti Maria Teresa Colonna. Con i primi due non c’è bisogno di presentazioni. Con la seconda invece sì.
    “Anna Mattei, mi chiamo Anna Mattei. Annarosa è il mio nome di scrittrice…” dico tendendo la mano ad una anziana, piccola signora. Lei mi guarda in tralice con aria severa e quasi non mi risponde. Fa come le viste di non capire quel che ho detto mentre borbotta stizzita qualcosa di incomprensibile che dal tono assomiglia a un rimprovero.
    “Curioso!” penso tra me “Cominciamo bene…Per caso la piccola signora trova sconveniente usare due nomi?”
    Lascio perdere. Mi presento a Elda Torres, questa volta senza particolari inconvenienti. Lo spazio, allestito in fondo alla libreria con poche sedie allineate due a due, si riempie e si decide di cominciare.
    “E allora e allora? Come è andata?” mi chiedereste nel caso in cui non vi foste già annoiati di questo preambolo.
    Dopo una breve introduzione di Silvana Lonardi, ha cominciato a parlare Serafini. Notevole. Sapiente e sottile analista, capace di attraversare con disinvoltura gli universi paralleli dell’arte e della letteratura cogliendone le più impercettibili intersezioni. Ascoltandolo mi rallegravo in cuor mio dei suoi riferimenti alla grande letteratura fantastica di Carroll e di Borges, ai libri che amo di più, ai personaggi, alle situazioni, agli stili, ai procedimenti narrativi, quelli che riecheggiano sempre nella mia scrittura… Riconosciuti da lui non come citazionismo gratuito, ma come necessario bagaglio dell’anima, che, pur vivendo del suo, si porta inevitabilmente appresso le valigie degli altri. Un “archivio segreto” appunto, l’anima e i suoi recessi, proprio come intenderebbe essere il mio racconto.
    “L’archivio segreto? questo titolo mi ha ingannato” afferma, invece, decisa la Colonna, appena tocca a lei di parlare “Mi aspettavo una trama conclusa, dei personaggi compiuti di grande spessore…invece, cari miei, che confusione! animali che parlano, strane situazioni.. la protagonista che cammina cammina e non sa di cosa va in cerca e si interroga, si interroga senza dare infine nessuna risposta convincente al lettore …Chissà se avrà voglia di parlare con me, almeno, dato che parla solo con gli animali e con gli sconosciuti incontrati per via …”
    “Ma come?” penso tra me “mi sta sovrapponendo al personaggio? Una risposta certa? Montale sobbalzerebbe insieme a tanti altri poeti morti…”
    Come mai l’ottima Colonna non riconosceva neanche un po’ il filone letterario in cui il mio libro ambirebbe a collocarsi? Il romanzo fantastico, il metaromanzo settecentesco e novecentesco – l’antiromanzo come lo chiamano alcuni studiosi… Sterne e Diderot, Carroll, Borges e Calvino, Manzoni e Gadda e così via… E le contaminazioni tra i generi. Soprattutto tra il linguaggio poetico e quello narrativo..
    “Con la Torres è andata un po’ meglio?” mi chiederebbe a questo punto la mia amica Clotilde, sorpresa da me tra voi venticinque.
    “Mica tanto…” risponderei dubbiosa “ha talmente sovrapposto L’archivio segreto all’Ulisse di Joyce – bontà sua! – che alla fine tutta la mia storia poteva apparire come un ricalco… “
    Aveva letto l’intervento di Augias sul Venerdì di Repubblica, forse, e se n’era fatta influenzare… E pensare che sono tanti e poi tanti i semi letterari che germogliano nella mia mente fantasticante…Ma tra questi – vi assicuro – non cè Joyce.
    C’è Alice. Non Leopold Bloom. Un uomo, peraltro, e adulto. Mentre Alice è una bambina. Ed è il suo stile quello che ha in mente la distratta viandante dell’Archivio segreto. Almeno quando decide di aprire la porta dei sogni: le filastrocche infantili, i linguaggi elementari degli animali.
    “La porta dei sogni, nel sesto libro dell’Eneide, una è menzognera e l’altra è quella della verità… bla bla bla…” aveva detto la sentenziosa Colonna.
    Però non l’avevo più ascoltata a quel punto. Anche Virgilio scomodato pur di fare un’anamnesi del mio libro – identificato con la mia imbarazzata persona – con conseguente diagnosi del male e suggerimenti di opportune terapie.
    All’uscita, tentando di interloquire con l’indomita psicoanalista. che mi opponeva una narratrice pura come Alice Munro o, addirittura, la storia di Firmino – quello sì che è un topo interessante, altro che il mio gatto Gregorio (“Forse non ama i gatti”– ho pensato io…) – ho pronunciato debolmente il nome di Saramago citando Cecità, una delle sue storie più straordinarie e paradossali.
    “Ma per carità…” – è scattata la piccola signora facendo un gesto con la mano come per scacciare un pensiero molesto.
    “ Ma allora vada a leggersi Svevo” ho replicato io.. debolmente però, devo ammettere “di salute, di medici e di coscienza, soprattutto di un certo psicoanalista, dice lui a sufficienza tutto quel che c’è da dire …”
    Che vi debbo dire, ancora, miei cari venticinque lettori? C’è bisogno che continui?
    “Tutti pazzi questi romani” sembrava pensare la pugnace psicoanalista mentre sproloquiava di verticalità, di consapevolezze raggiunte o non raggiunte, di verità e bugie, di salute e di malattia, pienamente convinta che la vita sia una malattia curabile e non mortale, come alcuni ritengono con qualche fondamento.
    Ma Bonifacio VIII forse ha le sue responsabilità…

  • Barbara Posted 25 Giugno 2008 11:23

    Per la Signora Maria Teresa Colonna:
    Curzio Malaparte: “Io son di Prato, m’accontento d’esser di Prato, e se non fossi nato pratese vorrei non esser venuto al mondo”, tratto da “Maledetti Toscani”. Magari si può adattare al toscano luogo di nascita della signora
    Colonna…??
    Certo che Bonifacio VII ha le sue responsabilità:ha bandito contro i Colonna l’unica “crociata” contro altri cristiani; lanciata il 14 dicembre 1297 e conclusa nel 1298 con la disfatta della famiglia Colonna la dispersione della famiglia e la distruzione della gran parte dei loro beni

  • Marina P. Posted 31 Luglio 2008 14:48

    Già il titolo del romanzo si presta a diverse interpretazioni che possono coesistere integrandosi a vicenda. L’archivio segreto è il luogo dove sono custodite le memorie ed i ricordi del soggetto narrante ma è altresì lo spazio profondo ed inesplorato dell’inconscio con il suo deposito segreto di materiali segreti e può al tempo stesso indicare la meta della passeggiata che la protagonista compie alla ricerca della conoscenza, delle risposte che diano un senso alle sue domande esistenziali: l’archivio rimane però segreto e come tale irraggiungibile. Questa polisemia del titolo rimanda inevitabilmente alla voluta ambiguità della Coscienza di Zeno cui l’autrice stessa fa riferimento come ad uno dei suoi modelli letterari. Una lettura a diversi strati e su diversi piani si impone anche per tutto il romanzo, quando non lo si voglia leggere solo come un favola in cui gli animali sono parlanti. E’ evidente che questo non è e non vuole essere: si parte dalla discussione iperrealistica tra un gruppo di donne sul significato della letteratura per arrivare a mescolare elementi di altri generi di romanzo tra cui il genere fantastico tanto caro ad altri grandi autori del nostro novecento, come Landolfi o Palazzeschi. Gli animali parlanti si inseriscono con perfetta naturalezza nel percorso che la protagonista, che, come già chiarito, non va meccanicamente identificata con l’autrice, compie attraverso una Roma reale, perfettamente identificata e riconoscibile, creando un effetto che si può definire non tanto fantastico quanto del ‘meraviglioso quotidiano’, qualcosa di fuori dal normale che avviene però senza determinare stupore o rottura con il clima realistico del racconto,con tutta naturalezza, non in una dimensione da favola. Non è un gioco per bambini e sta a noi attribuire un significato a queste metafore viventi che parlano in versi e che forse rappresentano le voci più profonde e istintuali che guidano l’anima della protagonista nel suo girovagare,solo apparentemente senza meta, non solo nello spazio ma anche nel tempo e nei meamdri dell’anima. Il libro va dunque letto attraversando con attenzione i suoi differenti strati semantici, al lettore poi la libertà del giudizio finale.

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