Care amiche e amici, ho già dettato, in parte, queste scarne considerazioni alla mia amica Annarosa, perché se ne facesse portavoce sulla pagina Facebook intitolata ‘Il sonno del Reame o l’enigma d’amore’, visto che non è quasi mai ben accetto che le faccia un gatto. Le registro qui, dopo tanto tempo, perché serviranno da introduzione alle mie prossime considerazione sull’arte del discorso. Un’arte che gli antichi conoscevano benissimo e che noi abbiamo dimenticato, a giudicare dalla disattenzione e dalla trascuratezza con cui si parla, si legge, si scrive. Ecco le mie riflessioni estive sull’arte del romanzo e sul premio italiano più famoso che la dovrebbe consacrae ogni anno. La sera di giovedì 5 luglio il Premio Strega è tornato a celebrarsi al Ninfeo di Villa Giulia, abbandonando l’idea di altri luoghi del tutto inadatti a una tradizione ben consolidata nella memoria. Facendo ben attenzione a non farmi schiacciare e soprattutto a non farmi notare, ho seguito la mia amica tra la folla di personaggi variopinti scambiando spesso con lei occhiate e mormorii clandestini. Scarso o nullo interesse da parte di tutti per i libri candidati al premio. Percepibili con chiarezza – almeno da me, che pure sono un gatto – la sensazione di estraneità al luogo e all’evento, la sostanziale indifferenza al mondo della scrittura e della lettura. Sovraffollamento solito, sorrisi di circostanza, (come quello di Annarosa, del resto..), molti incontri, molte chiacchiere e saluti. Ma la grande assente è stata la letteratura. Come sempre, direte, visto che non va più di moda da tempo, mentre sapete bene anche voi quanto siano ricercati i personaggi. No, non quelli dei romanzi. Magari. Intendo dire i ‘personaggi’ autori dei libri, quelli che vengono invitati alle trasmissioni tv, ai festival, alle sagre dei monti, delle colline e dei mari. I ‘personaggi-autori’ parlano dei loro libri, senza curarsi della loro assenza, felici di esserci come segnali di oggetti remoti e ai più sconosciuti. Anche al Premio Strega di quest’anno i libri non hanno manifestato la loro presenza. Nello spazio del Ninfeo, invaso da tavoli sequestrati da un numero sovrabbondante di convitati, Eppure qualcosa mancava. Da intendere in questo senso, forse, l’inopportuno commento di Cognetti, ad apertura di votazioni: “questo non è un ristorante ma un premio letterario”. Interessanti i libri dei candidati, tutti in gran parte incentrati sul tema della libertà e della tirannia, tranne ‘Il gioco’ di D’Amicis, che esplora territori d’ombra. Tre donne in gara, meritato premio alla Janeczek e alla sua ‘Ragazza con la Leica’. Cosa mancava, dunque, alla solita kermesse che ben credevo di conoscere? Mancava la passione di una condivisione di letture, di scelte, di interessi e orientamenti da confrontare? Oppure mancava il riconoscimento di un antico spazio comune, in cui si era soliti ritrovarsi ogni estate per fare un bilancio culturale attraverso i libri? Scarsi o assenti nobili critici del tempo che fu, pochi scrittori, pochi giornalisti, pochi politici, sia locali che nazionali. Nessuno comunque in vena di esprimersi e condividere le proprie impressioni.
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