Biblioteche, è rivoluzione
Annarosa Mattei
Il Messaggero, 6 luglio 2015
E’ in fase critica il riordino delle 46 biblioteche pubbliche statali, eterogeneo e ricco patrimonio librario, amministrato dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che ne ha riformato l’assetto accorpandole e declassandone la maggior parte con l’eliminazione del dirigente.
Alcune di esse, come le nove biblioteche universitarie o le due biblioteche centrali di Roma e Firenze, sono definite “nazionali”; altre sono biblioteche storiche nate da antiche collezioni o “annesse ai monumenti nazionali”, come la Biblioteca dei Girolamini a Napoli: tutte comunque dipendono dalla Direzione Generale Biblioteche e Istituti culturali del Ministero. «Andrebbero musealizzate» dichiara il Direttore Generale, Rossana Rummo, che ritiene urgente e necessario un rinnovamento dell’intero sistema.
Le biblioteche, a parer suo, nell’era digitale della consultazione online, non possono più essere intese e gestite come depositi di libri da catalogare e conservare. Moderno obiettivo di una biblioteca, stando alle sue parole, dovrebbe essere soprattutto quello di far conoscere e valorizzare il proprio patrimonio attraverso una ridefinizione delle professionalità e della formazione di tutti gli addetti.
«I visitatori stranieri sono in aumento e si meravigliano di non pagare un biglietto come accade nei loro paesi» afferma Fiammetta Terlizzi, funzionario direttore della storica Biblioteca Angelica di Roma, che, per 2500 euro annui lordi di compenso in più, svolge attività dirigenziale, organizzando eventi, mostre, attività didattiche, nonostante abbia in servizio 7 bibliotecari, che entro l’anno si ridurranno a 4 mettendo fine alle aperture pomeridiane.
Il numero dei bibliotecari si è più che dimezzato in breve tempo (961 censiti nel 2013), il ricambio generazionale è fermo da anni per il blocco delle assunzioni, quasi azzerate le possibilità di acquisto di nuovi libri, in grave difficoltà il funzionamento e la manutenzione delle strutture. La riforma attuale rafforza la Direzione generale centrale, riduce i dirigenti da 20 a 9, assegnandone 6 alle biblioteche sopravvissute alla retrocessione: la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e la gemella di Roma, fondate, la prima nel 1861 e la seconda nel 1875, dopo lo spostamento a Roma della capitale; la Biblioteca Nazionale Universitaria di Genova, la Marciana di Venezia, la Nazionale di Torino e la Nazionale di Napoli.
A dirigere le altre, come accade già alla Casanatense e all’Angelica di Roma, sarà un funzionario che farà riferimento alla Dïrezione Generale, a uno dei supermusei previsti dalla riforma, o a una delle due biblioteche centrali, uniche dotate di autonomia. La Braidense di Milano, per esempio, sarà amministrata dal museo di Brera; la Biblioteca Reale di Torino dipenderà dal Museo di Palazzo Reale; la Biblioteca Palatina, nello storico Palazzo della Pilotta a Parma, farà capo alla Direzione Generale, nonostante le proteste di studiosi e artisti come Mario Lavagetto e Bernardo Bertolucci. La Biblioteca Centrale di Firenze, oltre alla statale di Lucca e all’universitaria di Pisa, amministrerà la Biblioteca Laurenziana, la Riccardiana, la Marucelliana, ricche di storia e tesori inestimabili.
Andrea De Pasquale, già responsabile della Braidense, dell’Universitaria di Torino e della Palatina di Parma, da poco nominato direttore della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, intende accentuarne l’identità di biblioteca del Novecento italiano, così come la Braidense di Milano è la biblioteca dell’Ottocento. Ha in animo di realizzare la Sala Pasolini, dove mostrare gli autografi dello scrittore conservati nella Biblioteca, e di ampliare le Sale del Novecento, dove già ora sono esposti carte e documenti di D’Annunzio, Montale, Ungaretti, Calvino, in possesso della Nazionale. Progetta un museo della storia della biblioteca per raccontarne l’idea che ne avevano i padri fondatori e interrogarsi sulla funzione specifica di una biblioteca statale, sulle ragioni che la distinguono da una biblioteca cittadina: se debba essere luogo di conservazione, o sala di lettura, alla quale accedere anche con libri propri. Evidente comunque la sua preoccupazione per la cronica mancanza di fondi: impossibile svolgere la necessaria manutenzione dell’edificio inaugurato nel 1975; ancora in esame la questione della libera riproduzione, da cui archivi e biblioteche sarebbero esclusi; per non parlare dei rinnovi ai concessionari, della tutela del diritto d’autore, delle nuove tecnologie, del personale scarso e non aggiornato.
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