Le cene romane…

A Roma si va sempre a cena fuori. Amici e non amici (i secondi sono ovviamente molti di più dei primi…) ci invitano oppure omettono di invitarci ed è tutto un conteggio di persone che si sono viste o non si sono viste nella tal casa della tale persona.  Alla fine di una cena la signora elegante si avvicina a un’altra signora molto abbronzata. “Vado al compleanno della tale… Se ne avrebbe  a male se non andassi…Perché non vieni anche tu?”. ” Ma io non sono stata invitata…” risponde  la signora interrogata mettendo a punto uno stento sorriso (“Come mai?” intanto si interroga tra sé e sé “come mai non mi ha invitato? Dunque non sono più in auge secondo lei? Ignobile, ignobile persona…”). Straordinaria città però … capace di mettere insieme liberti arricchiti, pretoriani potenti, clienti e faccendieri, donne e uomini intriganti in offerta speciale. Come ai tempi di Trimalcione. Qualche sera fa si festeggiava un libro in una antica dimora. Ampi corridoi, stanze deserte. In un vecchio salone si affollavano aristocratici scoloriti e ignobili cittadini affetti da mondanità acuta. Al tavolo del vegliardo festeggiato, scrittore demodé sine alcuna nobilitate, doveva prendere posto la padrona di casa, nobilissima donna, e lui fremeva nell’attesa. Tutti si erano seduti. Accanto a lui due posti vuoti. “Mi siedo qui” dico collocandomi alla sua sinistra. “No. Questo è il posto della principessa Palmira Vattelapesca…”. “Allora qui?” dico spostandomi alla sua destra. “No. Anche questo è il posto della principessa…”. Perplessa aspetto che la flebile nobildonna prenda posto e, dopo essermi accertata che ne occupi uno solo, mi siedo anche io. Lo scrittore demodé rabbrividisce di emozione e poi si irrigidisce raddrizzando fieramente la schiena incurvata dagli anni trascorsi nei numerosi inchini. Quanti libri ha scritto il vecchio signore… Parole parole parole inutili e inautentiche. Tutti libri però di fine ed elegante scrittura, se vi par poco essere sempre presenti sulla scena, se vi par poco, signori miei, essere o non essere … a una cena però, intendo dire, mica nella vita…

2 Comments

  • giampaolo Posted 12 Gennaio 2010 11:50

    Che dire?Il tuo diario di una cena mi fa venire in mente il treno su cui tutti siamo, un treno che si muove lentissimo, talmente lento che sembra di vedere sempre lo stesso panorama, fisso e immutabile.Eppure….il binario quasi morto in cui ci vogliono far sostare può essere lasciato alle spalle se scendiamo dal treno, e ci allontaniamo a piedi, scrivendo su un libretto quel che vediamo e sentiamo. Che la scrittura ci sia propizia…

  • barbara Posted 15 Gennaio 2010 14:33

    è vero caro Giampaolo, fin troppo spesso è necessario abbandonare i “binari morti” della vacuità e del non essere, per poter cogliere e approfondire gli infiniti spunti che vivere (ma con la V maiuscola) offre. Eppure proprio grazie a situazioni come quelle che la nostra Anna ci descrive, per contrasto e protesta, siamo spronati a apprezzare della nostra complessa vita aspetti di ben altra natura. E se di cene in stile Trimalcione la nostra società trabocca….. “che la scrittura ci sia propizia”

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